
04 Mar Negato assegno di mantenimento all’ex coniuge per addebito della separazione e per accertata capacità reddituale
Anche il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 2255 del 7.7.2016, ha negato l’assegno di mantenimento a favore della ex moglie, in quanto oltre ad esserle stata addebitata la separazione unitamente all’ex coniuge, è stata altresì riscontrata la sua integra ed adeguata capacità lavorativa.
Infatti dall’attività istruttoria è emerso che, durante la convivenza matrimoniale, tra i coniugi era mancata la consapevole determinazione a prendere atto delle convivenza divenuta ormai intollerata, se non all’esito della inflizione reciproca di condotte palesemente offensive del dovere di solidarietà e rispetto reciproco, che dovevano improntare di sé il rapporto coniugale, secondo quanto previsto dagli artt. 143, 144 ,147 e 148 cc.
Il Tribunale di Taranto in composizione collegiale, giungeva quindi a riconoscere l’addebito ad entrambi i coniugi.
Dal riconoscimento dell’addebito in capo alla ex moglie, il Collegio revocava pertanto l’assegno di mantenimento fissato a favore della ricorrente, in sede di udienza presidenziale, ritenendo altresì che la stessa non avesse il diritto a percepire tale assegno di mantenimento, anche perché in possesso di integra e adeguata capacità lavorativa.
Durante il giudizio, era infatti emerso che la stessa aveva svolto, seppur in maniera saltuaria, attività lavorativa e che a nulla era rilevata la circostanza, in sede di decisione, che la stessa avesse perso il lavoro.
Infatti, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento per l’ex coniuge, il giudice deve tener conto della capacità di guadagno del coniuge richiedente, secondo le circostanze di cui all’art. 156 comma 1 c.c., ove si legge testualmente: “il giudice, pronunciando sulla separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.
E’ evidente che tale articolo va interpretato anche alla luce delle citate considerazioni e cioè che, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento, va tenuto conto anche della capacità lavorativa del coniuge richiedente e delle sue potenzialità psico-fisiche, idonee e tali da consentirgli di trovare occupazione.
Su tale argomento si era già espressa la Cassazione Civile, con la sentenza del 9.5.2015 n. 11870, in ordine alla sussistenza in capo alla ex coniuge di percepire l’assegno post matrimoniale a seguito di divorzio. La Cassazione infatti aveva negato l’assegno di mantenimento all’ex moglie con la capacità di lavorare, avendo svolto attività lavorativa seppur saltuaria. Nella fattispecie vi erano due coniugi disoccupati, però l’ex marito aveva perso il lavoro a seguito di licenziamento, mentre la ex moglie, casalinga durante il matrimonio, non intendeva trovare lavoro e quindi pretendeva l’assegno di mantenimento. I giudici della Suprema Corte, negavano quindi l’assegno di mantenimento alla ex moglie, sul presupposto che, data la particolare situazione e la capacità reddituale della stessa, ciascuno dei due aveva l’obbligo di badare a se stesso.
La citata sentenza del Tribunale di Taranto, è stata emessa in un contenzioso ove lo Studio legale Massafra ha rappresentato e difeso l’ex marito.
Avv. Antonia Massafra
Titolare dello Studio legale “Massafra” (https://studiolegaleavvmassafra.it)
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