CARD SHARING E IPTV: UNA CONDOTTA CRIMINOSA - Studio legale Massafra
Studio legale Avv. Antonia Massafra, diritto di famiglia, minorile, civile, penale
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CARD SHARING E IPTV: UNA CONDOTTA CRIMINOSA

CARD SHARING E IPTV: UNA CONDOTTA CRIMINOSA

La condotta consistente nella decodificazione e ritrasmissione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato e, dunque protetto, eludendo le misure tecnologiche messe in atto dall’emittente al fine di impedire l’accesso, senza che assumano rilievo le modalità con cui l’elusione con intento fraudolento venga attuata, è una condotta criminosa perseguibile penalmente.

Il reato che si commette è quello di cui all’art. 171- octies legge 22.4.1941 n. 633/1941 riguardante la protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, il quale è stato rivisitato con le successive modifiche apportate con la legge 248 del 18 luglio 2000, con il  D.Lgs. 9 aprile 2003 n. 68, con il D.L. 22 marzo 2004 n. 72, con il D.L. 31 gennaio 2005 n.7,  con il D.Lgs. 15 febbraio 2006 n. 118 e con il  D.Lgs. 16 marzo 2006 n. 140.

 

Il testo  consolidato è quello reso con   il DLgs 15 gennaio 2016 n. 8 che, relativamente all’ art. 171-octies relativo alla  decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato, recita:

“Qualora il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 25.822 chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l’emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio”.

 

Il reato innanzi citato rientra tra quelli contro il diritto d’autore perseguibili d’ufficio, per cui per mettere in moto la macchina giudiziaria basta solo la denuncia alle autorità competenti. La prescrizione, ovvero il termine ultimo per la presentazione della denuncia, è quinquennale.

La pena non è inferiore a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità.

Una recente sentenza della Cassazione Civile del 12.10.2017  n. 46443 stabilisce che è colpevole di reato ai sensi della L. 633/1941 art. 171 octies colui che pone in essere una condotta rientrante in quella relativa  alla  decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato.

I giudici della cassazione nella sentenza citata hanno confermato il giudizio della Corte d’Appello che prevedeva la pena di 4 mesi di carcere e 2.000 euro di multa per un soggetto che aveva “installato un apparecchio con decoder regolarmente alimentato alla rete LAN domestica e Internet collegato con apparato TV e connessione all’impianto satellitare, così rendendo visibili i canali televisivi del gruppo Sky Italia in assenza della relativa smart card”. La fattispecie è quella del cd. Card Sharing, per la quale la Corte d’Appello aveva a sua volta confermato quella di primo grado. L’ultimo ricorso dell’imputato è stato ritenuto inammissibile dalla Cassazione, cosa che di fatto conferma la sentenza precedente e obbliga il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000 euro in favore della “Cassa delle Ammende”.

Nella sentenza si legge che “la condotta incriminata è pacificamente consistita nella decodificazione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato, e dunque protetto, eludendo le misure tecnologiche destinate ad impedire l’accesso […], senza che assumano rilievo le concrete modalità con cui l’elusione venga attuata, evidenziandone la finalità fraudolenta nel mancato pagamento del canone […]”. In pratica non importa come si aggirano i vincoli tecnologici posti dalla Pay TV, quel che conta è il risultato e il fine fraudolento del mancato pagamento del canone. Risulta dunque chiaro che la modalità con la quale é stato possibile accedere ai contenuti piratati non è rilevante al fine di sanzionare l’utente.

Il card sharing era stato depenalizzato nel 2000, ma ha riacquisito rilevanza penale nel 2003 grazie a un decreto legislativo. L’imputato si è difeso sostenendo di aver acquistato i codici di decodifica dei programmi sul web per giustificare il fatto che, durante la perquisizione a casa sua, non “era mai stata rinvenuta la smart card”. Secondo la Cassazione i giudici palermitani hanno “correttamente” emesso la condanna “evidenziando la finalità fraudolenta del mancato pagamento del canone”.

Lo stesso discorso può essere esteso ai metodi di condivisione di contenuti televisivi ad accesso condizionato tramite il protocollo IPTV.

Volendo fare un’analisi di natura tecnica, è opportuno illustrare qual è il funzionamento delle IPTV sulle quali vengono condivisi contenuti protetti da copyright. Il concetto è quello di “condivisione” di una carta, ovvero una Smart Card di una PAY TV, per la quale si è titolari di un regolare abbonamento. Per comodità si possono immaginare 3 utenti: l’utente “A”, l’utente “B” e l’utente “C”. L’utente “A” è titolare di un abbonamento ad una PAY TV, mentre gli altri due non hanno alcun abbonamento. L’utente “A” dispone di un decoder e può tranquillamente usufruire di tutti i contenuti inclusi nel suo abbonamento non commettendo ovviamente reato, poichè titolare di contratto regolare. Tuttavia, l’utente “A”, può pensare di condividere i contenuti della PAY TV decodificati dal proprio decoder con gli altri 2 utenti. Per far ciò utilizza un sistema hardware di acquisizione e codifica del segnale (magari acquistato dalla rete), collegandolo al proprio decoder. Questo sistema hardware NON viene collegato tra l’antenna (satellitare o terrestre) e il decoder, perchè altrimenti riceverebbe dei dati criptati, quindi illegibili. Esso viene collegato “a valle” del decoder, in maniera tale da poter ricevere i dati già decodificati dal decoder, sfruttando il codice contenuto nella smart card. In questo modo il sistema di acquisizione può acquisire i dati ormai decodificati, comprimerli usando un codec video e inviarli ad un media server in rete mediante opportuni protocolli. Uno dei codec di compressione più famosi è l’H.264, poichè possiede un’alta efficienza di codifica, coniugando una buona qualità ad un bit-rate più basso rispetto al formato originale. La scheda di acquisizione è collegata ad un modem che effettua la trasmissione dei flussi digitali ormai decodificati ad un server presente in internet, tramite vari protocolli di livello applicativo, tra i quali l’RTP (real-time transport protocol) e l’RTSP (real time streaming protocol); il protocollo di rete utilizzato è il protocollo “IP”, quindi ad ogni “canale” acquisito dalla scheda di acquisizione viene associato un indirizzo e un numero di porta, oltre che degli specifici protocolli. Il media server che riceve i vari flussi video dalla scheda di acquisizione, a sua volta, può essere consultato dagli utenti “B” e “C”, a patto che siano dotati degli applicativi software idonei alla fruzione dei contenuti. Se si tratta di IP-TV su protocollo “RTP” o “RTSP”, potranno usare molti software gratis presenti in rete, altrimenti potranno collegarsi a dei siti web all’interno dei quali sono inglobati i collegamenti al media server sul quale sono presenti i contenuti della PAY TV. Quindi gli utenti “B” e “C” potranno vedere dei flussi audio/video per i quali non sono titolari di un regolare contratto. A valle del media server può essere presente una CDN (Content Delivery Network), ovvero una rete sulla quale i contenuti del media server vengono transcodificati e posti su vari server della rete stessa. La transcodifica serve a convertire in tempo reale i contenuti video in formati compatibili con moltissimi dispositivi di visualizzazione (Tablet, Computer ecc.), in modo tale da dare la possibilità agli utenti “B” e “C” di fruire dei contenuti audio/video su qualsiasi dispositivo. In definitiva, tutti e tre gli utenti condivideranno la medesima scheda e potranno fruire dei contenuti della PAY-TV, anche se solamente uno di essi paga per fruire di tale servizio; da qui nasce il termine Card Sharing (condivisione della carta). Tale condivisione non può essere intesa come un semplice prestito, ma come un vero e proprio reato, poichè tutti e 3 gli utenti possono contemporaneamente vedere canali diversi della medesima PAY TV. Se invece l’utente “A” prestasse la propria smart card ad un altro utente, non si potrebbe parlare di reato poichè la scheda, una volta prestata, può essere utilizzata solo da un utente, quindi l’utente “A” non può vedere i contenuti finchè la scheda non gli viene restituita. E’ quindi abbastanza chiaro che il reato si concretizza nella misura in cui “nutenti, possono fruire contemporaneamente del contenuto di una PAY-TV decodificato sfruttando il codice contenuto in una sola smart-card, intestata ad uno solo degli “n” utenti. Pur supponendo che gli utenti “B” e “C” non corrispondano denaro all’utente “A” per la fruizione dei contenuti, trattasi di una condotta criminosa perseguibile penalmente. La situazione si aggrava ulteriormente quando l’utente “A” crea il servizio di IP-TV con scopo di lucro, venendo pagato da tutti gli utenti che vogliono fruire dei contenuti da lui “condivisi”. Per semplicità si è fatto riferimento a 3 utenti, ma in realtà i servizi di IP-TV coinvolgono un numero ben maggiore di utenti.

Il Card-Sharing porta al medesimo risultato, ovvero alla condivisione di flussi multimediali appartenenti a PAY TV, tuttavia la sua implementazione a livello tecnico è differente.

Se con le IPTV il contenuto multimediale veniva “inoltrato” ad una serie di destinatari tramite la rete Internet dopo essere stato decodificato e “catturato” tramite una scheda di acquisizione, col Card Sharing ogni fruitore dei servizi deve necessariamente possedere un decoder connesso ad una antenna satellitare e alla rete Internet al tempo stesso. Questi particolari decoder contengono un firmware modificato di tipo “linux-based”, sono cioè dotati di un sistema operativo “open source” basato su “GNU/Linux”. Questi decoder sono collegati sia alla rete Internet sia all’antenna parabolica: dall’antenna ricevono il contenuto cifrato delle PAY TV, mentre da Internet ricevono mediante opportuni protocolli (CCam, Newcamd ecc.) le chiavi di cifratura di smart card Sky regolarmente intestate a terze persone, da qui il nome Card Sharing, ossia “condivisione della carta”. I decoder non fanno altro che collegarsi tramite delle “C-LINE“, ovvero delle stringhe alfanumeriche contenenti specifici comandi per connettersi a dei server sui quali sono contenute le chiavi di cifratura condivise che servono per decodificare i dati che giungono dall’antenna parabolica. La differenza tra IP TV e Card Sharing è quindi sostanziale : con le IP TV i flussi multimediali già decodificati viaggiano sulla rete Internet, mentre con il Card Sharing solo le chiavi di cifratura vengono condivise via Internet, mentre i flussi multimediali codificati sono ricevuti tramite collegamenti satellitari, per poi essere decodificati tramite le chiavi ottenute tramite Internet.

Risulta abbastanza evidente che, sia la condivisione col Card Sharing, sia la condivisione con IP TV di contenuti ad accesso condizionato, costituiscono reato.  

Lo studio legale “Massafra” fornisce consulenze, assistenza giudiziaria anche in materia penale relativamente ai reati informatici, avvalendosi della collaborazione del Dott. Francesco Ramunno, esperto nell’ambito delle violazioni hardware e software dei sistemi informatici.

 

 

Avv. Antonia Massafra

Titolare dello Studio legale “Massafra” (https://studiolegaleavvmassafra.it)

 

 

Dott. Francesco Ramunno

Dottore in Ingegneria Elettronica e delle Telecomunicazioni

Consulente informatico presso lo “Studio legale Massafra” (http://www.francescoramunno.it)

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